Sblog! – Cinema, Harrison Ford e mesozoico

Buongiorno Iacolini,

premetto fin da subito (e prometto) che non ci sarà alcun tipo di spoiler cinematografico (a parte ciò che si possa vedere in un qualsiasi trailer) per due ragioni ben definite, la prima è che condannerei a morte senza appello chiunque ne faccia a me (anche accidentalmente) e la seconda è che se ne dovessi fare, il già esiguo numero di lettori che ho, scomparirebbe del tutto, quindi me ne guarderò bene. Premesso ciò, sembra evidente che a sto giro parleremo prevalentemente di cinema.

Io appartengo a quella generazione che viene considerata ed etichettata dalla maggior parte delle persone con tantissimi appellativi, non necessariamente tutti positivi, anche se a una prima occhiata possa sembrarlo. Dicono che siamo fortunati, ma ci sbattiamo come i tappetini sporchi delle auto che non vogliamo mai lavare, dicono che abbiamo tutto, ma questo tutto è a noi utile come un ombrello nel mezzo di un fottutissimo uragano e dicono che non abbiamo valori. Ora, io posso anche capire che un dinosauro non possa comprendere le ragioni di una gallina (che sarei io), anche se sono diretti discendenti l’una dell’altro, ma il dinosauro si dimentica la facilità dei suoi tempi e non vede quanto sia difficile per la gallina tirarsi via le uova dal culo e questo mi sembra evidente per la società di oggi. Certo ci sono anche i pulcini (che se vi è di difficile comprensione sarebbero le nuovissime generazioni), quelli davvero hanno libero accesso a tutto il pollaio e anche al fienile, all’aia, al porcile e possono tranquillamente anche accomodarsi in salotto.

Ma non dovevamo parlare di cinema? Sì, ci arrivo subito. La premessa e i paragoni erano necessari per capire che quelli della mia generazione (’83 e vicinissimi dintorni), nonostante facciano l’impossibile per cavarsela al meglio, vengono il più delle volte criticati per la loro mancanza di attaccamento agli alti valori della vita. Non voglio parlare dei capolavori del cinema italiano, come otto e mezzo, la dolce vita o il più attuale La grande bellezza, o le straordinarie pellicole di Woody Allen e company, ma riferirmi a quelli che vengono definiti come film americani di intrattenimento e che molti snobbano solo per partito preso o perché non ci vedono nulla di più che qualche effetto speciale o storie improbabili di pura finzione.

Voglio guardarmi bene dal fare di tutta l’erba un fascio, ma l’altra sera ho visto Blade Runner 2049 e vedere Harrison Ford in quella sua vecchia veste mi ha fatto ricordare che “io sono Harrison Ford”. Nonostante il primo film sia uscito l’anno prima che io nascessi e dovrebbe essere tipo mio padre a emozionarsi e immedesimarsi in quella straordinaria filosofia che c’è dietro il mondo dei replicanti di Blade Runner, sono io invece a farlo e ad entrarci a due piedi. Ed è un’emozione viscerale, qualcosa che ti smuove l’interno delle budella e la pelle delle braccia si alza e gli occhi si inumidiscono immediatamente, colleghi quello che eri, quello che dicono e quello che sei e torni bambino nella pelle di un trentaquattrenne e ne sei consapevole e cosciente e sai, in quel preciso istante, che se solo le persone potessero vedere quello che ti circola dentro, probabilmente cambierebbero immediatamente anche loro, tanto è potente quella forza che senti.

Ma la vecchia generazione non può cambiare, non sa farlo. È troppo ancorata alla praticità e alla semplicità delle cose da fare per bene, dal non perdersi nella finzione che poi finzione non è affatto, dal costruire e assicurare un futuro che forse non esiste nemmeno a quelli che sono venuti dopo, alle galline per tornare a prima, tralasciando la parte più importante di tutto, l’empatia data dall’immedesimazione del sentimento. E le giovani generazioni, di contro, o sono estenuantemente impegnate a sviluppare un’intelligenza troppo occupata ad acquisire informazioni “utili”, tipo cinque lingue diverse, sette differenti strumenti musicali o tutti dieci in pagella, oppure sono troppo indifferenti e distratti dalla frenesia di uno smodato e precoce possesso e di una svogliata leggerezza che non gli consente di stare dietro a un film della lunga durata di due ore e mezza, con i suoi tempi (spesso giustificatamente morti), le sue pause e i suoi dialoghi, senza prendere il cellulare in mano ogni dieci minuti per raccontare ad altri loro simili di quanto difficile sia la loro vita, che per la cronaca non è nemmeno iniziata. E quando alcuni, magari un po’ più grandicelli dei pulcini, ma non ancora galline e comunque sempre inconsapevoli della potenza di quel magico mondo che è il cinema, parlano del ruolo di Harrinson Ford riferendosi a lui come “quel vecchio”, dentro me qualcosa lotta sfrenatamente per non abbandonarsi all’impossibilità di farcela e tenta di non suicidarsi.

Il problema è che non sanno, grandi o giovani che siano, cosa si prova a sentire la frusta di Indiana Jones o il “Lo so” di Han Solo, in risposta a un passionale “Ti amo” della Principessa Leila Organa, in Star Wars. Non capiscono perché quel colosso di Arnold Schwarzenegger dice due parole in croce in Conan il Barbaro e noi lo abbiamo adorato, o quando si è reinventato in drammaticissimi film di spessore come “Maggie” e mi fa piangere, cazzo. Sconoscono la simpatica rivalità con Silverster Stallone, che ci faceva evadere dalla realtà con le sue avventure e i monologhi strabilianti di Rambo e Rocky Balboa. Non capiranno mai la morbosa affezione nei confronti di Michael J. Fox, di quando abbiamo desiderato quel giubbotto rosso da piccoli o il suo skate volante e l’importanza del possedere una macchina del tempo da grandi e poi di quanto a stento abbiamo trattenuto le lacrime durante la sua apparizione in Scrubs, vedendolo tremare per il suo fottutissimo Parkinson. È impossibile, per tutti loro, capire cosa si prova nello stomaco e nella memoria, quando nel settimo capitolo di Star Wars viene inquadrata la mano robotica di Luke Skywalker e poi lui si gira guardando in camera, impossibile. E non parliamo di quando parte la colonna sonora a inizio film, non ne parliamo davvero.

Sono tantissimi i capolavori, anche meno conosciuti ai più, tipo i Goonies, Navigator, ecc…, che per ragioni di spazio non cito, ma tutti hanno lasciato un segno, un solco profondo nella memoria e nella sensibilità di quelli che come me sono capaci di emozionarsi ancora. Perché molte delle persone che ho intorno hanno dimenticato come si fa. I più grandi tendono al massimo a rimpiangere qualche canzone che gli ricordi della gioventù in un passato troppo passato e diverso perché possa tornare e i più giovani non sanno come si fa e non possono immedesimarsi nella “finzione” cinematografica di adesso. Io mi emoziono anche col trono di spade, magari perché ho anche letto i libri, ma i paragoni, i personaggi, gli eventi, mi fanno ballare sulla sedia, loro invece mancano di attenzione, partecipazione, immedesimazione. Noi eravamo quei personaggi, surfavamo sui divani imitando il licantropo Scott “Marty” Howard di Voglia di vincere (Teen Wolf) e ripetevamo le battute di Ghostbusters, saltando nella melma dalla vasca del bagno di casa mia e tagliavamo teste al grido di “Ne resterà soltanto uno”, come Christopher Lambert in Highlander. Ma forse siamo solo diversi, anzi, è certo che siamo diversi. Io sicuramente, forse anche guasto, visto che a volte mi emoziono anche con Grey’s Anatomy. Probabilmente sarà che dentro manifesto quello che fuori non sono e che, fortunatamente, posso vedere solo io.

Probabilmente però è giusto così. “A ciascuno il suo” e vale sempre per tutti e per tutto. Sarà che ognuno deve stare col suo tempo, ognuno con le sue passioni e le sue esperienze da fare e ricordare, per emozionarsi sempre in maniera differente. Questo non lo posso sapere. Credo il segreto sia che vorremmo tutti che gli altri ci seguissero e si sorprendessero come facciamo noi e per le cose per cui ci sorprendiamo noi, ma difficilmente questi voleri potranno combaciare. Forse è una dura consapevolezza ma è così, talmente forte che non mi ha permesso di ironizzare più di tanto in queste righe o essere dissacrante come spesso amo fare. E alla fine ci resta soltanto di tornare al cinema o davanti un TV, a guardare un film che ci ricordi quanto tempo è passato, che ci lasci emozioni e potenti perle di saggia trasformazione, che ci rammenti che non siamo solo quello che appaiamo agli altri e che in fondo, tutta quella finzione è e sarà per sempre una delle parti più belle della nostra realtà.

Saluti.

5 risposte a "Sblog! – Cinema, Harrison Ford e mesozoico"

Add yours

  1. Ti capisco perfettamente e concordo con tutto quello che dici, tranne che per ” La grande bellezza”, che a me non e’ piaciuto per niente.
    Stavo pensando che le generazioni cambiano, cosi’ come cambiano i tempi: mode,comportamenti, atteggiamenti, make up..
    Il linguaggio nei cartoon e nei film e’ molto piu’ esplicito: sono lontani i tempi in cui ci si prendeva male per il censurato e tanto atteso ” incontro intimo” tra Lady Oscar e il suo amato Andre’ .

    "Mi piace"

  2. Ahahaha ma non mi e’ piaciuto, che posso farci? Potrei provare a guardarlo con un’ attenzione diversa? Non saprei dirti, fatto sta che in genere se una cosa mi piace, mi colpisce nel momento stesso in cui la sto guardando…. non mi ha colpito.
    Vedila cosi’ vale lo stesso per i libri: un libro che non mi prende lo leggo svogliatamente o mi spoilero il finale, andando avanti di corsa! Se un libro mi prende lo leggo tutto d’ un fiato, riesco pure a ricordare righe intere a memoria …come ben sai, i tuoi libri mi hanno preso!

    "Mi piace"

Lascia un commento

Inizia con un blog su WordPress.com.

Su ↑